Verde
Questo è l’articolo uscito sull’inserto del Corriere Romagna: “VERDE”, scritto il 6 ottobre 2020, da Giampiero Valenza.
Nella mia formazione ho ammirato spesso la bellezza della natura e sin da bambino ho assistito alla sua devastazione, specie a causa della speculazione edilizia. E’ qualcosa che mi ha segnato ed indignato profondamente. Vedere in pochissimo tempo distruggere un paesaggio, che fino a poco tempo prima risultava incontaminato, mi ha profondamente ferito, ed è ciò che più di ogni altra cosa, mi ha fatto riflettere, sulla necessità di saper distinguere il bello dal brutto.
Riutilizzare oggetti rotti, inorganici: piastrelle, ceramiche, specchi, metalli…sottratti soprattutto alle discariche, così da farne un “riuso”, è per me stato funzionale per occuparmi di ciò che definirei, “arte utile” a ripristinare il degrado di certi luoghi pubblici, prediligendo una tecnica, che si serve di adoperare come mosaici, oggetti rotti, ovvero “trencadìs”, termine catalano, che vuol dire frantumato.
Avendo letto di Newman, che negli anni Settanta individua gli spazi urbani, che favoriscono la criminalità e che si preoccupa di suggerire ad artisti, architetti ed urbanisti, l’ideazione di progetti atti ad evitare l’insorgere della devianza. Essendo a conoscenza delle ricerche avviate dalla Broken Windows Theory, che dal 1982 individuava in ogni vetro rotto e non riparato immediatamente, latrasmissione di un senso di deterioramento, di disinteresse, di trascuratezza, che spingeva la cittadinanza ad accentuarne il degrado. Avendo saputo degli esperimenti di psicologia sociale, che dimostravano, che i mancati interventi per eliminare il degrado, permettevano il dilagare del fenomeno stesso, come diranno, Kees Keizer e colleghi nel 2007/2008: “un esempio di disordine, quali scritte o rifiuti, può indubbiamente incoraggiare altri atti vandalici”, posi le basi, che mi fecero immaginare interventi artistici, volti ad abbellire un luogo e al contempo coinvolgere tanti cittadini, senza distinzione di età, sesso, razza, estrazione sociale, che avrebbero preso maggiore coscienza (citando James Hillmann), del fatto, che “un luogo è importante, ci condiziona, ci dà amore e bellezza”.
Nel 2006, ideai il mio primo progetto, intitolandolo “Attraversa-Menti”, com’è comprensibile capire, significava attraversare i luoghi “usando” la testa, ovvero osservando, al fine di formarsi una coscienza critica, etica ed estetica. Avrei dovuto perciò abbellire le molteplici pareti, di quattro sottopassaggi pedonali, lasciati al degrado e per i quali, come in ulteriori lavori, eseguii bozzetti e disegni a tema: Aria, Acqua, Terra e Fuoco.
Tale progetto, finanziato come altri in questa città, dal Comune di Forlì, ha visto la compartecipazione di Inail, Ufficio scolastico territoriale (tantissime scuole, di ogni ordine e grado, dirigenti, insegnanti, studenti, personale Ata), associazioni di cittadini comuni, senza distinzione di sesso, razza, religione, appartenenza sociale, ognuno sia pure per differenti livelli di conoscenze, competenze e capacità, è intervenuto attivamente per fare gruppo e partecipare alla realizzazione delle opere.
Il risultato ha trovato tanto apprezzamento e così, con lo stesso approccio operativo, si sono svilupparti anche altri progetti.
Ciò mi ha permesso di esportare altrove questa forma d’arte, ad esempio a Galeata, città in cui sono stato chiamato dall’Amministrazione Comunale, per decorare una grande fontana, posta davanti al Municipio.
In Calabria, l’assessorato alla cultura di Belvedere Marittimo, col sostegno di Lega Ambiente, mi ha incaricato di decorare l’intero lungomare, in un progetto intitolato, “Tutto il lungomare è d’aMare”. In questo caso l’idea è stata quella di creare un “mosaico” con “apprendisti” forestieri, soprattutto romagnoli. Ciò per determinare la presenza sul posto, ogni anno, di persone che in cambio di una vacanza lavoro, trasferissero al rientro, i momenti salienti della conoscenza di un luogo, dove si sono intessute nuove relazioni sociali, territoriali, col risultato implicito di raccontare altrove, di un posto misconosciuto, ma bello ed ciò che anche ha apportato un evidente richiamo turistico-culturale.
Il coinvolgimento sociale e la cura di luoghi trascurati, sono campi interessanti per promuovere un’arte utile. Non è secondario, che durante l’esecuzione dell’opera, ho trovato man mano che il lavoro avanzasse nella sua realizzazione, un costante aumento di cittadini volenterosi di poter partecipare, anche come “donatori” di oggetti, da integrarvi.
Tutto ciò adesso aleggia nei diversi trencadìs fin qui realizzati, con ricordi e sensazioni, che l’opera sa restituire a chi guarda. Quei pezzi rotti, non sono più divisi, ma dopo esser stati sottratti all’oblio e alle discariche, fanno parte di un’unica opera d’arte, destinata finalmente al godimento pubblico e al bene comune.
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